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Ottobre 2022
Da sempre il mondo della moda ha imposto nell’immaginario collettivo ideali di bellezza legati alla perfezione delle forme, facendo prevalere l’estetica su tutto. Il desiderio di “essere alla moda” ha spinto spesso le persone a focalizzarsi sull’apparenza e a indossare capi che, in realtà, non sempre ci fanno stare bene.
Quando convivi con il dolore pelvico cronico, spesso è il tuo corpo a scegliere per te cosa indossare. Abiti stretti sulla vulva, tessuti rigidi o collant contenitivi possono incidere sul sistema nervoso o provocare irritazioni alla pelle. Uno studio del 2019 ha dimostrato che indossare jeans o pantaloni stretti quattro o più volte a settimana aumenta del doppio la probabilità di sviluppare la vulvodinia.
Per fortuna abbiamo capito quanto è comodo stare comodi. Si dice che la moda rifletta lo “zeitgeist” del tempo, ovvero lo spirito della società in un dato periodo. Oggi le persone sono sempre più attente al proprio benessere fisico e mentale, e questo si riflette anche nel modo di vestirsi. La pandemia ha solo aumentato questa tendenza: il 73% degli adolescenti preferiscono stare a casa invece che a scuola o in ufficio (Research Now), e la ricerca “abbigliamento comodo” su Google è aumentata del 1300% nel 2020 (Google Trends, 2020). Vogliamo sicurezza e comodità per essere creative, produttive e senza dolore. In questo senso, scegliere il comfort può essere un gesto di emancipazione e di affermazione della propria persona nella sua unicità.
Come scrive Margherita Cagoi in questo articolo del Post:
"Al di là di necessità di ordine pratico (stare comodi), il loungewear e gli abiti larghi hanno acquisito in qualche caso un’implicazione simbolica o identitaria. Un risvolto della diffusione della body positivity (accettazione del proprio corpo) è stato di portare le persone a vedere negli abiti comodi e nelle tute da ginnastica dei mezzi per emanciparsi dall’estetica tradizionale. In un’intervista pubblicata ad aprile sul New York Times, la coreografa Jody Sperling paragona gli abiti comodi e larghi alle power suits anni ‘80 – i completi femminili eleganti che riprendevano il taglio maschile e che rappresentavano la partecipazione delle donne alla vita politica ed economica nella società americana. Come sostiene anche la stessa Sperling, difficilmente l’abbigliamento comodo verrà abbandonato alla fine della pandemia, anzi si può prevedere che la comodità avrà un ruolo importante anche nelle collezioni di abiti eleganti (occasion wear). A febbraio 2021 la rivista Forbes scriveva che anche i brand più sofisticati nell’ultimo anno avevano aggiunto o rafforzato le sezioni di abiti comodi e prevedeva un’espansione significativa del mercato delle tute da ginnastica tra il 2020 e il 2026."
Non è tutto: vestirsi oggi richiede consapevolezza. La scarsa qualità e l’impatto ambientale del fast fashion incidono sulla nostra salute e su quella del mondo. Meglio un pantalone second hand di buona qualità. Secondo l'ultima ricerca realizzata da Boston Consulting Group e Vestiaire Collective e riportata in questo articolo di Fashion Network:
"Il mercato del second hand rappresenta già dal 3% al 5% del settore complessivo dell’abbigliamento e potrebbe crescere fino al 40%. Sebbene gli articoli di seconda mano costituiscano circa un quarto degli armadi degli acquirenti di pezzi pre-loved, si prevede che nel 2023 costituiranno il 27% degli armadi. I consumatori della Generazione Z sono i più propensi ad acquistare (31%) e vendere (44%) articoli di seconda mano, seguiti dai millennial."
La moda non ricerca più l’uniformità. Se le tendenze di qualche anno fa ci mettevano spesso davanti a limiti e rinunce, quelle di oggi non ci fanno più scegliere tra ciò che possiamo e vogliamo indossare. Pensate al mondo dei reggiseni. Dopo anni di push up e ferretti fastidiosi, le bralette sono diventate il simbolo di un intimo bello, ma anche comodo e ogni giorno fioccano nuovi modelli. L'esempio più celebre di questa rivoluzione è il riposizionamento del marchio di intimo Victoria's Secret, che sta provando con non poca fatica ad abbandonare ciò che più l'aveva reso celebre: l'immagine iper-sexy e dalle forme perfette dei suoi "Angeli" in favore una di una visione più aperta, comoda e inclusiva dei corpi che vuole vestire. Sulla genuinità dell'operazione rimane qualche dubbio, ma la società anticipa la moda ed è proprio il caso di adeguarsi.
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