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8 Aprile 2025
Il dolore cronico è uno dei disturbi più comuni e antichi nella storia della medicina. Per secoli, è stato trattato con un approccio standardizzato, valido per tutti. Ma oggi la scienza ha svelato una realtà allarmante: le donne provano dolore in modo diverso dagli uomini e, di conseguenza, rispondono in modo diverso ai trattamenti.
Le ricerche più recenti dimostrano che le donne (inclusi ragazze e persone assegnate femmine alla nascita) sono più inclini a provare dolore intenso e a sviluppare condizioni croniche come:
Nonostante ciò, il dolore femminile viene sistematicamente sottovalutato, portando a ritardi diagnostici e a trattamenti inadeguati. Questo fenomeno ha un impatto concreto sulla qualità della vita e sulla salute mentale delle pazienti.
Studi autorevoli hanno rilevato che i farmaci antidolorifici comuni – come ibuprofene, steroidi e oppioidi – risultano meno efficaci nelle donne. Questo accade per diversi motivi:
A causa della storica esclusione delle donne dagli studi clinici, molte terapie presentano effetti collaterali più gravi nelle pazienti femminili. Un'analisi del 2020 ha evidenziato che il metabolismo di 86 farmaci, tra cui morfina e prednisone, è più lento nelle donne, con conseguenze come:
Tra il 1997 e il 2001, ben 8 farmaci su 10 ritirati dal mercato dalla FDA lo sono stati proprio per rischi sproporzionati per le donne.
Quando il dolore non viene trattato in modo adeguato, le conseguenze possono essere serie:
Nei casi più gravi, il dolore acuto non curato può evolvere in dolore cronico, con effetti devastanti: ansia, depressione e persino abuso di sostanze. In particolare, le donne sono più vulnerabili alla dipendenza da oppioidi, anche a dosaggi inferiori.
📈 Secondo il National Institute on Drug Abuse, le morti per overdose da oppioidi tra le donne sono aumentate del 642% dal 1999, rispetto al 439% tra gli uomini.
Fortunatamente, qualcosa sta cambiando. La ricerca sta lavorando per:
Nel frattempo, è fondamentale che le donne siano consapevoli delle sfide che affrontano nel sistema sanitario. L’autodifesa sanitaria è un passo cruciale: significa informarsi, fare domande, pretendere alternative terapeutiche.
È tempo di riconoscere che il dolore femminile è reale, diverso e spesso trascurato. Solo con una medicina più equa, basata su dati di genere, potremo garantire a tutte cure efficaci e sicure.
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Il dolore è uno dei disturbi più antichi della storia della medicina e per secoli i trattamenti sono stati somministrati con un approccio unico. Tuttavia, negli ultimi anni, gli esperti hanno riconosciuto una verità sconcertante: le donne provano dolore in modo diverso dagli uomini e, di conseguenza, non rispondono allo stesso modo ai trattamenti antidolorifici.
Le ricerche dimostrano che le donne, incluse ragazze e persone assegnate al genere femminile alla nascita, provano un dolore più intenso rispetto agli uomini e hanno una maggiore predisposizione a condizioni croniche come emicrania, sindrome dell'intestino irritabile, fibromialgia e osteoartrite. Nonostante ciò, il loro dolore viene spesso sottovalutato dai medici, con ritardi nelle cure che possono aggravare il problema.
Diversi studi hanno evidenziato che gli antidolorifici più comuni, come ibuprofene, steroidi e oppioidi, risultano meno efficaci nelle donne rispetto agli uomini. Ma perché accade questo?
Uno dei principali fattori coinvolti sono gli ormoni sessuali. Gli estrogeni, in particolare, influenzano il metabolismo dei farmaci rallentando lo svuotamento gastrico, alterando la distribuzione corporea del farmaco e riducendo le proteine che lo legano nel sangue. Inoltre, il sistema immunitario delle donne è più attivo, portando a una maggiore risposta infiammatoria e a un aumento del fabbisogno di farmaci antidolorifici.
A causa dell'esclusione storica delle donne dagli studi clinici, molti farmaci sul mercato presentano effetti collaterali sconosciuti o più gravi per le donne. Un'analisi del 2020 ha mostrato che il metabolismo di 86 farmaci, tra cui morfina e prednisone, avviene più lentamente nelle donne, con un aumento delle concentrazioni nel sangue e maggiori effetti collaterali come nausea, mal di testa, convulsioni e allucinazioni.
In alcuni casi, i farmaci sono stati persino ritirati dal mercato a causa dei rischi sproporzionati per le donne. Tra il 1997 e il 2001, la FDA ha eliminato 10 farmaci da prescrizione, otto dei quali per effetti collaterali più gravi sulle donne.
Quando il dolore non viene adeguatamente trattato, le conseguenze possono essere devastanti. Le donne possono sperimentare una progressione della loro condizione, tempi di recupero più lunghi e difficoltà nel gestire le attività quotidiane. Il carico delle responsabilità domestiche e lavorative, spesso più alto per le donne, peggiora ulteriormente la situazione, influenzando la percezione e la gestione del dolore.
Se il dolore acuto non viene trattato correttamente, può trasformarsi in dolore cronico, portando a condizioni come ansia, depressione o abuso di sostanze nel tentativo di auto-medicarsi. Nel caso degli oppioidi, il rischio è ancora più alto: le donne hanno una minore tolleranza e possono sviluppare dipendenza con dosaggi inferiori rispetto agli uomini. Infatti, secondo il National Institute on Drug Abuse, in USA dal 1999 le morti per overdose da oppioidi tra le donne sono aumentate del 642%, rispetto al 439% tra gli uomini.
C'è ancora molta strada da fare per garantire che gli antidolorifici siano sicuri ed efficaci per le donne. Tuttavia, alcuni progressi sono stati fatti. I ricercatori stanno lavorando per identificare biomarcatori del dolore femminile e migliorare i trattamenti personalizzati.
Nel frattempo, è fondamentale che le donne siano consapevoli delle sfide che affrontano nel sistema sanitario e imparino a difendersi. L'autodifesa può includere la ricerca attiva di informazioni, la comunicazione chiara con i medici e la richiesta di alternative terapeutiche adeguate.
Il dolore femminile merita di essere riconosciuto e trattato in modo efficace. È tempo di un cambiamento nel modo in cui la medicina affronta la salute delle donne.
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