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Giugno 2023
Il dolore cronico è una delle principali cause di disabilità a lungo termine nel mondo. Si stima che almeno 50 milioni di americani vivano con dolore cronico anche a causa degli ostacoli che, ancora oggi, limitano la capacità della medicina di diagnosticare e alleviare il dolore patologico.
Contrariamente a quanto pensato finora, i farmaci non sono sempre la soluzione. Addirittura, il Chronic Pain and Fatigue Research Center ha dichiarato che non esiste nessun farmaco per il dolore cronico che funzioni su più di una persona su tre. Una cosa è ormai chiara: i percorsi di cura devono includere terapie non farmacologiche e diventare olistiche.
Tra le terapie non farmacologiche di cui si parla sempre di più, non solo, ma anche in ambito di terapia del dolore, troviamo le cosiddette “terapie digitali”. Essenzialmente, si intende l'uso di tecnologie, come app, Intelligenza artificiale e algoritmi, per supportare e migliorare il benessere fisico e mentale delle persone.
Ecco i loro principali benefici:
Le terapie digitali, per essere considerate tali, devono essere sottoposte a studi clinici prima dell’approvazione, dell’autorizzazione e dell’immissione in commercio. In futuro potrebbero quindi essere prescritte dal medico e essere rimborsabili.
Negli USA, la FDA (agenzia regolatoria dei farmaci statunitense) ha dato la sua prima autorizzazione ad un’app per la gestione della dipendenza da sostanze nel 2017; mentre in Europa e in Italia la situazione è ancora in fase di sviluppo.
Un altro aspetto essenziale è, infine, la formazione del personale sanitario così come la capacità dellə pazienti di adattarsi ad approcci terapeutici più tecnologici. In altre parole, l’introduzione delle terapie digitali nel percorso di cura è strettamente connessa alle competenze digitali dellə professionisti e della popolazione generale.
Una recente meta-analisi suggerisce che le app per cellulare, che si inseriscono nella cosiddetta “mobile health”, potrebbero essere utili nel ridurre l’intensità del dolore e migliorare la qualità di vita dellə pazienti.
Un altro studio, invece, ha dimostrato che un programma digitale di gestione del dolore potrebbe avere un impatto positivo anche su sintomi di ansia e depressione, spesso presenti in persone che soffrono di dolore cronico a riprova delle molteplici potenzialità di questo nuovo approccio terapeutico.
Non siamo in Matrix ma ci stiamo andando vicino. Negli ultimi due decenni, gli studi che hanno valutato interventi non farmacologici per la gestione del dolore a base di realtà virtuale (VR) hanno guadagnato terreno.
La VR consente all'utente di visualizzare, interagire ed essere immerso in un'esperienza multisensoriale di un mondo virtuale 3D simulato (ad esempio video o giochi) tramite display montati sulla testa.
In modo simile a quanto pensato per il dolore acuto, l’idea che sostiene l’utilizzo della VR nella gestione del dolore cronico si basa sempre sullo stesso principio: generare distrazione dalle aree in cui percepiamo il dolore.
Si ritiene, infatti, che la distrazione possa funzionare da analgesico perché permette sia di spostare l’attenzione ma anche di limitare gli stimoli ambientali che possono acuire il dolore. Il risultato? Benché la ricerca sia ancora in fase di espansione, gli studi ad oggi disponibili sembrano essere concordi sul fatto che la VR possa contribuire a migliorare la nostra tolleranza al dolore cronico dando sollievo e migliorando la funzionalità e che lo faccia meglio di altri metodi di distrazione grazie alla sua natura immersiva. Si stima inoltre che un utilizzo prolungato della VR possa addirittura contribuire a modificare fisicamente le aree cerebrali deputate alla percezione sensoriale e ai movimenti.
Un esempio concreto di successo? La terapia digitale EaseVRx per la gestione del dolore muscolo-scheletrico lombare. EaseVRx è stata approvata dalla FDA e, sotto prescrizione medica, fornisce una terapia cognitivo-comportamentale in VR immersiva che aiuta ad affrontare il dolore. Il primo studio svolto utilizzando questa strategia ha mostrato risultati estremamente positivi: quasi il 50% dellə pazienti ha mostrato una riduzione del dolore superiore al 50%.
Ma la VR funziona anche per il dolore pelvico cronico? Ad un velocità più limitata rispetto a quanto accade per il dolore muscolo-scheletrico, stiamo assistendo a sempre più studi clinici che si pongono proprio questa domanda. Ad esempio, un trial clinico datato 2022 ha dimostrato un effetto analgesico, fino a 4 ore, di un singolo trattamento immersivo di VR, detto Endocare, su persone affette da endometriosi con dolore da moderato a severo. Il gruppo di ricerca non si è fermato qui, però. Un successivo studio clinico, pubblicato ad Aprile 2023, ha infatti dimostrato l’efficacia di Endocare come trattamento a casa, somministrato 2 volte al giorno per almeno 2 giorni a partire dal primo giorno di mestruazioni. Le persone coinvolte nello studio hanno riportato una diminuzione del dolore e della necessità di utilizzare antidolorifici a dimostrazione di come la VR ha tutte le potenzialità di diventare un tool di gestione del dolore efficace, relativamente economico, e che possa essere utilizzato in completa autonomia.
Le nuove tecnologie sono uno strumento innovativo per aumentare, migliorare, e rendere più accessibile il benessere e la salute.
Queste, tuttavia, devono basarsi su una filosofia completa di benessere e integrarsi con i percorsi più tradizionali. Dalle terapie digitali, ai protocolli di mindfulness e psicoterapia, all’applicazione della realtà virtuale - il futuro guarda alla cura delle persone come a un tetris di piccoli tasselli di benessere fisico e mentale che, con il giusto incastro, potrebbero garantire un sollievo, più concreto e duraturo, a chi soffre di dolore cronico.
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