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Dicembre 2022
La violenza ostetrica è “un insieme di comportamenti violenti che hanno a che fare con la salute riproduttiva e sessuale delle donne”.
Si traduce in atteggiamenti denigratori, manovre pericolose, lunghe attese in reparto senza assistenza, rifiuti di accettazione in ospedale, cesarei senza consenso, interventi chirurgici non necessari. In breve, pratiche con effetti negativi sulla salute psicofisica dellə pazienti che non sono motivate da una reale esigenza clinica. 👀
Si è cominciato a parlarne di più in seguito all’indagine DOXA di OVO Italia (Osservatorio sulla Violenza Ostetrica) del 2017, scaturita dal movimento #bastatacere.
Ma il dibattito non è solo italiano. Nel 2019 le Nazioni Unite hanno riconosciuto la violenza ostetrica come una “forma di violenza di natura sistematica e diffusa”, chiedendo misure di compensazione alle vittime e formazione specifica del personale sanitario. 💸
Il problema non riguarda solo la maternità, ma qualsiasi altro tipo di visita - sopratutto quelle per vulvodinia, vaginismo o qualunque altra condizione che può produrre disagio durante la visita stessa. 🩺
Forzare una visita profonda e non necessaria, ad esempio, può causare dolore e paura. In molti casi, si può effettuare una visita senza causare dolore, spiegando attentamente i prossimi passi, aumentando la lubrificazione o usando strumenti più piccoli.
Nel caso del pap test, per esempio, uno speculum piccolo di circa 20 mm con il lubrificante è sufficiente per raccogliere il campione senza creare fastidio o dolore.
“Medical gaslighting” è il termine usato per definire la manipolazione psicologica da parte del personale medico sui pazienti, che imputa sintomi fisici a fattori psicologici o che nega l’esistenza della malattia stessa e dei suoi sintomi.
È il famoso “è tutto nella tua testa” - che spesso porta a sminuire i dolori, a non indagare le cause scatenanti e a peggiorare il quadro clinico. 📃
Questo fenomeno è molto frequente quando si parla di dolore pelvico cronico, ma può capitare che al gaslighting medico si associno anche comportamenti violenti - soprattutto in situazioni critiche come il parto.
La violenza ostetrica è un problema molto frequente, e comune in molti paesi sviluppati e ad alto reddito.
Le stime, come spesso succede quando basate sulla rendicontazione diretta dellə pazienti, sono probabilmente sottostimate.
In Italia, 3 partorienti su 10 negli ultimi 14 anni, vale a dire 1,6 milioni di donne (il 61% di quelle che hanno subito un’episiotomia)* dichiarano di non aver dato il consenso informato per autorizzare l’intervento. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), la definisce una pratica «dannosa, tranne in rari casi» . 🇮🇹
Come affermano l’OMS e l’Alto Commissariato per i Diritti Umani delle Nazioni Unite (UNHCHR), l’abuso, la negligenza o la mancanza di rispetto durante il parto, possono condurre alla violazione dei fondamentali diritti umani della donna e del bambino, mettendo a rischio la loro vita e la loro sicurezza.
*L'episiotomia è un'operazione chirurgica che consiste nell'incisione del perineo e della parete posteriore della vagina per allargare l'orifizio vaginale.
Dopo la nascita del movimento #bastatacere è nato il documento “Consenso del parto” che sia nel pubblico ma soprattutto nel privato, certifica il consenso də paziente sulle diverse pratiche.
L’attenzione a questo tema ha fatto crescere anche la paura e molti limitano l’attività del professionista. Il caso dell’episiotomia è quello più dibattuto: trattandosi di una manovra di emergenza necessaria in casi gravi, se viene rifiutata può gravare sulla sopravvivenza della madre e del bambino. Lo stesso capita con il taglio cesareo. 🤰🏻
La difficoltà è: lə professionista ha la responsabilità legale di quello che succede e deve avere la visione globale della situazione e delle scelte operative da prendere. Dall’altra parte c’è unə paziente la cui paura è totalmente comprensibile.
Gli atteggiamenti abusanti possono agire su diversi livelli:
Si può sicuramente agire nel momento in cui succede. È importante farlo presente a chi ti sta visitando e se necessario riportarlo alla struttura di riferimento. 🏥
Prima di tutto, però, è una questione di empatia dellə professionista, di colloquio pre-operazione/parto/visita e d'informazioni che riceve lə paziente a monte. Questo tipo di relazione è più difficile in ambito pubblico perché non sempre si può scegliere da chi farci visitare.
Una persona consapevole e informata non può che essere collaborativa e facilitare il lavoro di tuttə, sentendosi libera di dare anche qualche suggerimento che può farla sentire più a suo agio (es. lubrificante). Come pazienti, non bisogna aver paura di fare qualche domanda in più. 🧐
Il distanziamento da Covid ha reso il tutto ancora più difficile limitando il dialogo tra le parti, ma adesso questa possibilità torna a essere più accessibile.
La carta dell’assistenza rispetto alla maternità, redatta dalla “White Ribbon Alliance” e che è promossa anche in Italia, racchiude i diritti universali di madri e neonati, tra questi compaiono:
Questo è un post informativo riguardo un tipo di violenza poco conosciuto: la violenza ostetrica e ginecologica. 👩🏻⚕️
I dati riportati di seguito non hanno l’obiettivo di generalizzare e/o attaccare il personale medico, anzi.
Il nostro Sistema Sanitario Nazionale collabora con migliaia di figure specializzate in ostetricia e ginecologia che lavorano con grande professionalità e non sempre le strutture sanitarie garantiscono loro il giusto riconoscimento e le dovute tutele.
I casi di violenza ostetrica però esistono, ed è importante aumentare la consapevolezza in questo ambito per prevenirla, rendere le persone più consapevoli dei loro diritti e diminuirne l’impatto.
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